Per il pianeta

Non avrei mai immaginato che gli allevamenti intensivi avessero un effetto così devastante sull’ambiente. Non fanno solo del male agli animali, ne fanno anche a noi, e hanno un impatto enorme su molte risorse naturali.

Emissioni di gas serra

La produzione di carne e latte, che comporta enormi emissioni di gas serra come il metano e l’anidride carbonica (CO2), è uno dei maggiori responsabili del riscaldamento globale.

I numeri possono variare ma secondo la FAO il 14,5% di tutte le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo è dovuto agli allevamenti intensivi. Si tratta di una percentuale superiore a quella di tutte le emissioni prodotte dall’intero settore dei trasporti – auto, treni, aerei e navi.

Il riscaldamento globale ha terribili conseguenze su vasta scala di cui non conosciamo ancora del tutto l’entità. In ogni caso, alcune delle drammatiche conseguenze di tutto questo si profilano già all’orizzonte. L’innalzamento dei livelli dei mari e lo scioglimento dei ghiacciai ma anche frequenti eventi meteorologici estremi come inondazioni, cicloni tropicali e gravi siccità fanno già parte della nostra realtà quotidiana. Attraverso l’alimentazione che scegliamo possiamo avere un impatto significativo su tutto questo, ed eliminando la carne e i latticini dalla nostra dieta aiuteremo il pianeta ancora più che se smettessimo di usare la macchina.

Per molto tempo non mi sono resa conto di quanta acqua venisse usata per i prodotti di origine animale. I numeri sono esorbitanti – secondo lUNEP, ossia il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, per produrre un hamburger da 113 grammi servono circa 1.695 litri di acqua. Con la stessa quantità d’acqua potrei fare docce interminabili ogni giorno per due mesi.

L’utilizzo dell’acqua

Al momento, il 70% di tutta l’acqua dolce di superficie e sotterranea viene utilizzata per l’agricoltura, il 20% per l’industria e il 10% per il consumo privato.

La produzione di carne e latticini richiede enormi quantità d’acqua, che sono necessarie per l’irrigazione delle colture destinate ai mangimi, per dare da bere agli animali, per i macelli e gli stabilimenti di lavorazione. Secondo lUNEP, ossia il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, per produrre un hamburger da 113 grammi servono circa 1.695 litri di acqua.

L’acqua è una risorsa preziosa e limitata. Alcune regioni del mondo soffrono già di carenza d’acqua. Secondo l’Onu 2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso all’acqua potabile. Tanto che si prevede che entro il 2030 la siccità provocherà oltre 700 milioni di migranti. Nel frattempo, enormi quantità d’acqua vengono sprecate per prodotti di cui non abbiamo bisogno: la carne e i latticini.

L’inquinamento dell’acqua

Gli allevamenti intensivi sono tra i maggiori responsabili dell’inquinamento delle nostre acque. Fertilizzanti, pesticidi e antibiotici – usati normalmente negli allevamenti – insieme al concime liquido, un pericoloso sottoprodotto degli allevamenti intensivi, stanno avvelenando le falde acquifere e i corsi d’acqua.

Inoltre, le enormi quantità di letame e fertilizzanti prodotte spesso vengono scaricate su campi coltivati e da lì filtrano nei fiumi, nei laghi e nei ruscelli, alterandone i delicati equilibri.

Oggi nel mondo si utilizzano 4 milioni di tonnellate di pesticidi, alcuni dei quali sono nocivi per la salute e si sospetta che possano causare cancro e infertilità. Queste sostanze chimiche s’infiltrano nelle falde acquifere e contaminano l’acqua che beviamo.

Sfruttamento del terreno

La produzione di carne richiede un eccessivo utilizzo del terreno, e si tratta dell’uso meno efficiente che si potrebbe fare.

Al momento, di tutti gli spazi usati per l’agricoltura, il 77% è destinato a pascolo e a coltivazioni per nutrire gli animali sfruttati per la loro carne, il latte, le uova, dice la FAO. Dal momento che, nei paesi occidentali industrializzati, il consumo di carne è così alto, il terreno non riesce a soddisfare la domanda e così parte del foraggio viene acquistata da altri paesi.

È per questo che in tutto il Sudamerica e in Africa si produce foraggio per gli animali da allevamento e non cibo per la gente affamata. La conseguenza? Terreno che sarebbe essenziale per la coltivazione di cibo di cui la gente ha un disperato bisogno viene acquistato da speculatori e adibito alla produzione di mangime per animali allevati in paesi lontani.

Deforestazione

La crescente domanda a livello globale di pascoli per gli animali da allevamento e campi in cui coltivare mangimi per gli allevamenti intensivi delle nazioni occidentali porta inevitabilmente alla deforestazione e quindi alla perdita di preziose foreste pluviali tropicali.

La regione amazzonica in Sudamerica si trova in una situazione particolarmente precaria. Secondo MapBiomas, in Brasile (il più grande esportatore mondiale di carne bovina) gli allevamenti intensivi e i macelli industriali sono responsabili di oltre l’80% della deforestazione e si stima che il 98% di questi incendi sia stato appiccato da allevatori per disboscare le foreste. Solo nel 2019 abbiamo bruciato oltre 225 mila ettari di foresta pluviale.

La foresta pluviale è la casa di numerosissime specie animali ma anche una vera e propria farmacia, una riserva d’acqua e un regolatore climatico per l’intero pianeta. La sua distruzione causa la perdita di vite umane e risorse tra le popolazioni indigene che vivono lì.