Mangiare a Roma: nella capitale d’Italia per scoprire alcune ricette tipicamente 100% a base vegetale
Ma chi lo ha detto che mangiare veg sia così difficile? Scegliere una dieta 100% vegetale non significa rinunciare al gusto o al piacere di scoprire nuovi sapori, anzi! Per dimostrarlo, insieme a Tadzio Pederzolli – chef del ristorante “Radicetonda” a Milano e della scuola itinerante di cucina naturale “Baciamincucina”, curioso viaggiatore e volto noto della scena musicale underground milanese ed italiana – abbiamo dato vita ad una rubrica di Animal Equality e del nostro sito dedicato all’alimentazione a base vegetale Love Veg per raccontarvi come mangiare in Italia in modo 100% veg senza mai più sentirvi diversi!
Immaginatevi la gioia che ho provato, essendo io notoriamente un supporter di Animal Equality, quando il team mi ha proposto di creare dei contenuti a tema “food” per parlare ai lettori del loro blog e a tutte le persone che si avvicinano ad una scelta vegetariana o vegan. Ed eccomi infatti qui, per cercare di portarvi su queste pagine la mia esperienza dentro e fuori le cucine d’Italia e del mondo.
Inauguriamo quindi questa esperienza con una gita culinaria in una città che ho amato sempre di più ad ogni visita: Roma.
Trascorrere tre mesi in casa in totale solitudine mi ha fatto completamente perdere la visione spazio-temporale del mondo che mi circonda. Ho chiuso la porta ad una grigia ed uggiosa Milano, e l’ho riaperta con un cielo turchese, ed un sole spaccapietre.
Dopo tutto questo tempo di reclusione forzata, ho avuto davvero bisogno di vivere questo bizzarro inizio estate 2020. E credo che non ci sia posto al mondo migliore di Roma (a maggior ragione durante una totale paralisi del turismo, ergo completamente svuotata di persone) per potersi sentire in questo meraviglioso stato d’animo vacanziero.
Così appena possibile ho preso un biglietto per andare a trovare un mio caro amico, approfittando così per recuperare tutte le calorie sacrificate durante questi noiosi mesi di panificazioni da instagram story, workout in streaming e tutorial di yoga su YouTube.
Inauguro nella Capitale il mio contributo a questo blog, in cui cercherò di trovare cibo 100% vegetale in posti in cui non ce lo aspetteremmo, perché mangiare senza provocare sofferenza è possibile sempre, ovunque e senza mai rinunciare a qualcosa di buono. Per carità, amo mangiare nei ristoranti specializzati in cucina vegetale, ma, soprattutto in vacanza, la mia curiosità spesso e volentieri si posta sui ristoranti di cucina tradizionale: per me non c’è niente di meglio di scoprire piatti vegetali che già naturalmente si trovano nelle cucine di tutto il mondo. (SPOILER ALERT: Vi anticipo che questo viaggio sarà un’apologia al carboidrato).
Dopo 3 ore di treno a stomaco vuoto (peccato che non tutte le compagnie ferroviarie abbiano pensato di inserire uno snack vegan in assortimento nei loro distributori automatici) arrivo a Termini famelico come non mai. Pochi minuti a piedi mi separano da Monti, splendido quartiere in cui sarò ospitato durante il weekend. La mia fame esige di essere placata con un carciofo alla giudìa (trattasi di carciofo fritto, piatto tipicamente romano) possibilmente grosso come la mia faccia.
Su consiglio dei locali a cui chiedo aiuto, vengo indirizzato verso l’Osteria Dei Fori Imperiali, proprio nel cuore di Monti.
Cucina tipica romana, ambiente informale ed estremamente accogliente. Vengo accolto calorosamente dai proprietari, che si dimostrano estremamente cordiali anche di fronte alle mie richieste riguardo il menu.
Noto con sommo dispiacere l’assenza dei miei bramati carciofi, non essendo effettivamente il periodo giusto dell’anno per poterli consumare nel pieno della loro resa. Ripiego quindi su un antipasto di carciofi, fave e piselli trifolati accompagnato da una caponatina e focaccia abbrustolita. Mi chiedo tante volte perché ci si complichi la vita cercando piatti strani quando la semplicità alla fine è la cosa più bella (e difficile) da trovare, e questo antipasto ne è l’ennesima prova.
Chiaramente non voglio calcare il cliché dei vegani che mangiano solo le verdurine (la mia fame atavica domandava ovviamente di più), decido quindi di ordinarmi una bella aglio e olio, grande classico della cucina romana (e spesso anche della cucina notturna da studente fuori sede).
Pasta fresca fatta in casa (solo acqua e farina), cottura magistrale, aglio e peperoncino freschi, olio extra vergine leggermente fruttato ed una spolverata di mollica di pane ripassata in padella: una goduria totale (forse non per i miei interlocutori delle ore successive).
Esperienza approvatissima e consigliatissima in questa storica osteria a due passi dal Colosseo, scontrino alla portata delle tasche di tutti e rapporto qualità prezzo assolutamente corretto.
La mia giornata da mangione è solo all’inizio. Decido quindi di raggiungere il mio amico. Saluti, una rinfrescata, il tempo di lasciare la borsa e bere un caffè, e già stiamo pedalando per le vie dell’Urbe (sì avete letto bene, a Roma ci si può pure muovere in bicicletta!).
Per ammazzare la canicola pomeridiana (e l’abbiocco da carboidrato) ci buttiamo sulla granita al caffè di un’antica torrefazione dietro il Pantheon: “La tazza d’oro”. Un locale rimasto completamente inalterato come architettura ed arredamento dagli anni ‘60, che offre un caffè eccezionale (incredibile anche solo quello del distributore automatico, presente al suo esterno per garantire caffè anche a porte chiuse) ad un prezzo assolutamente non da pieno centro storico.
La loro granita al caffè (se la chiedete senza panna, è ovviamente vegetale) è assolutamente da provare se vi trovate da quelle parti.
Ringalluzziti dalla caffeina proseguiamo il nostro giro turistico su due ruote. Il traffico a Roma non sembra risentire particolarmente delle limitazioni da Covid, ma non ci facciamo intimorire. Arrivati a Trastevere vengo indirizzato verso un’altra chicca tipica di Roma: la grattachecca. Prima che ve lo chiediate: no, non è mia intenzione citare a caso i Simpsons (mi chiedo chi abbia avuto la geniale idea di chiamare un personaggio di un cartone animato con questo nome), la grattachecca altro non è che ghiaccio grattugiato e miscelato con frutta ed aromi. Un antico antenato della granita, presente da secoli nella tradizione romana.
Vengo quindi portato in riva al Tevere in questo chioschetto, Sora Mirella, che è tra i pochi a Roma ad essere rimasti a farla secondo tradizione, partendo da un grosso cubo di ghiaccio, grattugiato sul momento in modo grossolano.
Tutte le varianti sono 100% vegetali, e c’è l’imbarazzo della scelta. Su consiglio del mio amico opto per cocco, limone e mirtilli freschi.
Cerco di schivare il senso di colpa dovuto al tripudio di plastica sprecato inutilmente (il mondo del compostabile a cui sono avvezzo in alcuni posti a Milano fatica ad attecchire ovunque), e mi concentro sui gelidi sorsi di questa bevanda dolce ed aspra al punto giusto: non potrei chiedere di meglio vista la temperatura che mi ha cucinato per bene nelle ultime ore.
Il pomeriggio vola e la fame torna a farsi sentire: una gita a Roma senza provare la sua rinomata pizza scrocchiarella non si potrebbe definire tale. E così prenoto da “180 grammi”, una pizzeria che, sgomitando tra le concorrenti, si è fatta un discreto nome, proponendo la sua versione della tipica pizza romana.
Decido di prenotare nel locale vicino Centocelle (hanno due sedi). Ambiente informale, abbastanza spartano. Già mi piace, visto che spesso e volentieri apprezzo la concentrazione sul prodotto, più che sulla “confezione” in cui viene consumato.
In menù vedo, oltre alle varie pizze, una panzanella di pizza fritta. Panzanella. Fritta. Credo non serva sapere altro, e che sia inutile dire che ho voluto provare anche lei.
Mi aspettavo una vera e propria panzanella nel senso stretto del termine, ma rimango in ogni caso piacevolmente sorpreso dalla leggerezza ed equilibrio di sapori di questa variante. Chiaramente non basta così poco a placare la mia fame, per cui , ricordando a me stesso di essere in questo posto per provare prima di tutto la sua pizza, ordino pure lei: rossa, con funghi, carciofi e basilico fresco.
Sottilissima, croccante, leggera che te ne vorresti mangiare due (anche dopo l’antipasto, sì…). Esattamente quello di cui avevo bisogno. Tant’è che nel giro di pochi minuti mi divoro pure questa, senza lasciare la minima crosta. Prezzo decisamente onesto per un prodotto di alta qualità, approvato.
Esco dal locale compiaciuto, torno a casa e crollo nel giro di pochi minuti in vista della giornata fitta di impegni a tavola, che mi attenderà di lì a poco.
Al suono della sveglia, anche la mia digestione approva la pizza di “180 grammi”: ho dormito come un bimbo.
Mi alzo e come pensiero fisso ho una cosa sola: maritozzo. Fortuna vuole che un posto vicino a dove ho pernottato ne proponga una variante vegan. Destinazione: Marì, localino nel cuore di Monti che, come si può intuire dal nome, basa la propria offerta su questo dolce tipico, un panino dolce ripieno di panna e cioccolato o canditi. Sfortuna vuole che questo locale – probabilmente a causa dell’emergenza COVID – fosse chiuso (ma segnatevi il nome per la prossima visita a Roma).
Saltando la colazione entro così in automatico nella modalità pranzo prendendo una fatidica decisione: mettere alla prova questa città, testando quelle che sono considerate le migliori pizze “alla pala” (ovvero una variante “al taglio”, della pizza romana). Faccio quindi una ricerca incrociata tra i pareri indigeni e quelli di google, scremando 5 tra quelli considerati i migliori all’unanimità.
Inizio il mio viaggio dal locale a me geograficamente più vicino: “Da Piero”.
Mi sorprende il deserto totale nonostante il locale sia a pochi metri in linea d’aria dal Colosseo, e nonostante l’orario a ridosso della pausa pranzo. L’offerta forse è un po’ risicata a causa del calo di lavoro che ha colpito tutti. Decido di provare la mia affezionata rossa e funghi, ed un paio di fettine di quella con patate.
Dalle recensioni avevo intuito la particolarità dell’impasto e la qualità degli ingredienti. Ammetto di non essere rimasto colpito né dall’uno né dall’altro, una pizza abbastanza standard che mi ha ricordato vagamente quella fatta in casa. Pure un filino sciàpa, a dirla tutta.
Seconda tappa: “Roscioli”. Letteralmente il paese dei balocchi per gli amanti dei farinacei. Vengo tentato dal reparto gastronomia, ma mi focalizzo sulla pizza, evitando distrazioni. Prendo quindi una classicissima rossa, per essere certo di non sbagliare.
Iniziamo a ragionare. Fragrante, saporita ed unta, come deve essere. Non delude le aspettative.
Giusto il tempo di divorare la mia seconda colazione (o il mio primo spuntino pre-pranzo), e pedalo verso la meta successiva: il Forno Campo De’ Fiori. Anche qui decido di stare sul classico: prendo un po’ di rossa e un po’ di quella con patate. Questa pizza si presenta bene già solo a guardarla.
Leggerissima, super fragrante, saporita, unta come la nonna mi ha insegnato. Pieni voti anche per questo forno, che forse, con il senno di poi, avrebbe meritato una degustazione anche di altre farciture vegetali presenti al banco. Ma sarà per la prossima volta.
Finito anche questo pasto, l’acquolina non si placa al pensiero di provare uno dei posti che maggiormente hanno destato la mia attenzione, nei preparativi a questo viaggio culinario: “Trapizzino”. Trattasi di una catena con numerosi punti vendita sparsi sulla capitale (ed in tutto il mondo), ideata dal celebre pizzaiolo romano Stefano Callegari, che in questo caso ci propone una specie di angolo di pizza farcito in svariati modi. Io opto per la sede di Trastevere, distante da Campo dei Fiori il giusto per farsi tornare l’appetito dopo una rilassante pedalata.
Qui noto subito la differenza dai suoi predecessori: arredamento, estetica , format (e prezzo) da catena standardizzata. Questo (lo scoprirò di lì a poco) non inficiando assolutamente sulla qualità del prodotto. Scorro il menu, e faccio salti di gioia, ordinando il mio trapizzino alla norma (pomodoro, melanzane, basilico).
Semplicemente spaziale, non riuscirei a descriverlo in altro modo. Il suo unico difetto è che, almeno nel mio caso, dura davvero pochi morsi. Il mio spassionato consiglio per avventrici ed avventori: ordinatene almeno due per non dover ripetere la fila (spesso importante, soprattutto nelle ore di punta). Ne mangerei un altro, ma mi sono tenuto quello spazietto in fondo allo stomaco giusto perché non posso dimenticare in questo viaggio la “mecca” della pizza al taglio, ovvero “Pizzarium” di Gabriele Bonci.
Come recita il cartello al suo ingresso, Bonci difficilmente può essere paragonato a suoi rivali. Vengo da subito colpito per la varietà dell’offerta (nonostante io sia arrivato in chiusura), anche e soprattutto per la quantità di scelte senza derivati animali, non discriminate e messe nell’angolo (come spesso accade in alcuni locali), ma rese protagoniste del banco, a dimostrazione del fatto che è possibile garantire un’offerta ricca e squisita anche senza carne o altri prodotti animali.
Trovo 3 pizze che mi incuriosiscono e che decido quindi di provare: pomodoro fresco, melanzane e mandorle pelate, crema di borlotti ed erbette scottate. La pizza di Bonci non solo è fragrante, saporita, scrocchiarella e leggera come le precedenti, ma è un vero e proprio matrimonio di sapori, profumi e consistenze. Il lieto fine a questo viaggio del carboidrato.
E invece no, non è ancora finita. Vi ho mentito parlando precedentemente di 5 tappe, la mia gola spesso e volentieri prende il sopravvento sulla mia libertà di arbitrio. Decido quindi di concludere questa faticosa giornata con una tappa che conosco bene e che ho amato tutte le volte che mi sono trovato in città: Mondo Arancina.
Faccio un’eccezione per un piatto siculo, anche se mi trovo su suolo romano. Come resistere ad un’arancina ripiena di ragù di verdure, pomodoro piccante o ragù di soia? Mondo arancina offre infatti ben 3 alternative vegetali. Io decido comunque di prenderne “solo” una (quella con ragù di verdure).
E con quest’ultima cena pomeridiana all’insegna della leggerezza, decido di porre fine, almeno per il momento, al mio viaggio tra i sapori di Roma. Certo è che questa per me è stata l’ulteriore dimostrazione di quanto sia facile trovare dei sapori unici un po’ ovunque, in questa magica città, anche per chi ha scelto di adottare una dieta che escluda derivati animali.
Come ho avuto e avrò piacere di mostrarvi, ogni luogo ha piatti della propria tradizione completamente a base vegetale.
PERCHÉ SCEGLIERE UN’ALIMENTAZIONE VEG?
Scopri cosa succede ogni giorno ai miliardi di animali che vengono sfruttati all’interno di allevamenti e macelli in tutto il mondo.